Due furono i poli principali della Resistenza in Val Camonica: il primo tra Darfo e Cividate, il secondo in Valsaviore, dove, nell’ottobre del 1943, nacque la 54° Brigata Garibaldi, intitolata a Bortolo Belotti. Sul fronte opposto, in queste stesse zone, operava la tristemente nota Banda Marta, un gruppo di miliziani che seminavano terrore attraverso rapine, furti ed efferate violenze. I partigiani, sebbene limitati negli armamenti e nelle forze, riuscirono a infliggere perdite significative ai repubblichini, in particolare grazie al sostegno e all’aiuto della popolazione civile. L’azione più clamorosa fu compiuta proprio nei primi giorni del luglio ’44, con l’assalto alla centrale idroelettrica di Isola di Cedegolo; azione che scatenò una feroce rappresaglia.
La mattina del 3 luglio circa 2000 fascisti salirono verso Cevo. I venticinque garibaldini che si trovavano in paese per celebrare i funerali di Luigi Monella – caduto a Isola – dovettero sostenere uno scontro impari. I fascisti misero a ferro e fuoco il paese: 151 edifici vennero completamente distrutti e oltre 800 persone rimasero senza casa. Il paese continuò a bruciare per tre giorni e per tre notti e il comando fascista di Breno dichiarò che la Val Camonica sarebbe diventata una valle di sangue. Ma il piano di distruggere Cevo e con esso la Resistenza nella Valsaviore e nella confinante Val Malga, anziché dare i risultati che il nemico sperava, contribuì a rinsaldare il legame tra popolazione e combattenti.
Il 15 dicembre 1992 il Comune di Cevo è stato insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare.